Di Maria Pesci. Il mese di agosto, a parte il “vacacional”, molto veloce e intenso, è stato piuttosto tranquillo dal punto di vista lavorativo. I bambini non c’erano e le attività da portare avanti poche. Il tempo per riflettere, su questo anno in Ecuador, non è mancato. In queste mie righe vorrei, perciò, parlare delle cose che ho imparato in questi mesi.
Ho imparato che non sempre ci viene riconosciuto ciò che facciamo, ma che spesso veniamo ringraziati per cose a cui non abbiamo, nemmeno, fatto caso, e che noi consideriamo di poco conto.
Che spesso veniamo accusati di cose che non abbiamo fatto, ma anche che alla fine i risultati dell’impegno e della passione, sebbene in ritardo, vengono sempre riconosciuti.
Che è difficile farsi accettare per quello che si è (a prescindere dai soldi che si hanno sul conto in banca), ma l’affetto che si raccoglie a fine percorso è sincero.
Che a prescindere dalle nostre mille paranoie, sbalzi di umore e stanchezze, un bambino saprà apprezzare il tuo impegno e riconoscere l’affetto che nutri per lui.
Che sono tutti uguali i bambini del mondo, ma anche tutti diversi. Che hanno tutti voglia di vivere, giocare, imparare, ma che alcuni possono farlo serenamente, e altri non ne hanno la possibilità.
Che studiare l’etnocentrismo e i rapporti di potere su un libro è molto più facile ed esaltante che non viverlo sulla propria pelle, soprattutto quando si sa di stare nel gruppo dei vincitori.
Che le difficoltà dello spaesamento iniziale sanno di abbandono a noi stessi, ma che uscirne a testa alta è molto gratificante.
Che imparare lo spagnolo non è poi così difficile, ma dimenticarsi l’italiano è un attimo.
Che partire è difficile, ma tornare lo è molto di più.