Mi presento. Sono Sebastiano Luca Martini, un volontario del centro educativo CEIPAR, che si trova a Quito, in Ecuador. Giusto un anno fa, fine settembre 2014, avevo appena conseguito la laurea in Scienze dell’Architettura, e la domanda sorgeva spontanea: “Che voglio fare ora della mia vita?”
Era da tempo che desideravo vivere un’esperienza di volontariato, per smettere di guardare i problemi del mondo dalla finestrella di un PC e, per quanto il mio contributo sia un granello di sabbia, iniziare a fare qualcosa di concreto.
Ho iniziato, dunque, ad informarmi su quali fossero gli enti che si occupassero di cooperazione internazionale e mi sono imbattuto nell’ENGIM. Con loro ho iniziato un percorso di conoscenza che è sfociato in un’esperienza da volontario nel “Centro Preventivo Ubaldo Bonucelli”, a Tena, sempre in Ecuador.
Credo che capiti un po’ a tutti di fantasticare sui Paesi che non si conoscono, capita che il nostro immaginario si formi nei libri che abbiamo letto, nelle storie che ci hanno raccontato, nelle vite di chi prima di noi ha corso lungo le stesse strade.
La paura che ci attanaglia, però, è che questo fantasticare vada ad incagliarsi contro la realtà dei fatti, contro mondi veri, fatti di sudore, fatica, delusioni. Per mia fortuna quell’avventura si è rivelata tutt’altro che deludente.
Ammetto che, prima di salpare verso questi lidi, dell’Ecuador conoscevo ben poco, era uno dei tanti puntini lontani che affollavano i cassetti accatastati nella mia memoria, non c’era nulla che mi facesse sognare di viverci. Mi sbagliavo.
Ho trovato ad attendermi un popolo vivace, carnale, genuino. Come la gente che ci vive, il paesaggio si è rivelato altrettanto meraviglioso e variopinto, con cambi repentini di visuale, con immense distese di foreste che fanno capolino dopo essersi nascoste, per lunghi tratti, dietro alle cime di montagne innevate.
Beh, so di essermi un po’ perso nei ricordi, e spero mi sarà perdonata questa divagazione.
Torniamo ai giorni nostri, e precisamente al 16 settembre di quest’anno, il giorno in cui è iniziata la mia esperienza ecuadoregna.
A precederla ci sono stati dieci giorni di formazione a Roma, che ci hanno fornito un bagaglio di conoscenze preziose da portare con noi, e hanno favorito la coesione del gruppo di volontari.
Al nostro arrivo a Quito la formazione è proseguita fino al 19 settembre, permettendoci di approfondire i fondamenti sui vari progetti e sulla vita nel Paese.
Ed eccoci a parlare di ciò che rende questo viaggio unico, a parlare di chi lo rende degno di essere vissuto e raccontato: i bambini. Sono la ragione per cui continuiamo a combattere, sono il futuro, sono il presente.
Qui, in questo centro, mi dedico completamente a loro, con la fortuna di poter spaziare dall’educazione al gioco; credo si tratti, per lo più, di piccoli uomini e piccole donne cresciuti troppo in fretta, che già hanno visto troppo, che già hanno sofferto pene che metterebbero in ginocchio i più.
Nell’arco di queste prime settimane sto imparando molto da coloro che sono presenti sul campo da più tempo di me, e sono grato del fatto che si siano aperti al nostro arrivo senza remore, senza diffidenza, facendoci sentire a casa.
Qui, in questo progetto, si sta cercando di offrire una alternativa a questi giovani, sperando di poterli aiutare ad avere un futuro migliore di quello che si prospetta loro.
Garantire loro una nutrizione adeguata e sostenerli nello studio sono, indubbiamente, le prerogative del centro, ma non meno importante è cercare di conoscerli, di stimolarli, di mostrare loro che possono percorrere strade diverse, che nulla gli è precluso!