Il giorno 3 ottobre l’intero Ecuador si è immobilizzato. Lo sciopero nazionale è iniziato dai conducenti dei mezzi di trasporto, primi fra tutti i tassisti ai quali si son uniti gli autisti d’autobus ed il resto della popolazione. Nello stesso giorno il Presidente della Repubblica Lenin Moreno ha dichiarato l’“estado de excepcion” (stato d’emergenza), manovra di sicurezza in caso di situazione d’estrema gravità sociale. Tale misura ha una durata totale di 60 giorni, che può esser estesa per altri 30 giorni in base alle circostanze.
Gli effetti possono esser molteplici: sospendere o limitare il diritto d’inviolabilità di domicilio, di libertà di transito, di corrispondenza, di scambio d’informazione e d’associazione; istituire zone di sicurezza, trasferire la sede di governo (attualmente il Presidente si trova in Guayaquil e non più in Quito) ed altre misure di sicurezza come mantener occupate tutte le Forze Armate e la Polizia Nazionale. Perché sta succedendo tutto questo? Perché più di 20 mila persone marciarono su Quito? Come influenzerà il futuro di questo paese? Il 2 ottobre il Presidente dell’Ecuador Lenin Moreno accettò l’invito del Fondo Monetario Internazionale di togliere i sussidi su gasolina e diesel, vigenti dal 1970.
Tale azione apporta effetti sull’intero paese, dal produttore al consumatore, dal turista a colui che lavora nel turismo, per cui la popolazione unita sta manifestando il suo forte malcontento. Con l’eliminazione dei sussidi economici il prezzo della gasolina “extra”, ma più comune nel paese, è aumentato da 1.80$ a 2.30$ per gallone (quasi 4 litri). L’effetto più diretto è l’aumento del prezzo dei trasporti, dei taxi, degli autobus urbani e interprovinciali, così come le spese di coloro che possiedono un veicolo proprio. Il secondo effetto di questa manovra è l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, in quanto il commercio in Ecuador è una delle forme di sostentamento più utilizzate ed importanti: dalla costa alla sierra fino alla selva si trasportano cibo, vestiti e materiali, in quanto tutto passa per le strade.
In egual modo il turismo è un’altra importante fonte economica ed aumentando il prezzo delle tratte interne si ridurrà la possibilità della maggior parte della popolazione di viaggiare, con conseguenze negative sul turismo dell’intero Paese. Infine il principale protagonista di questa mobilizzazione è la popolazione indigena, che abita nella sierra e che presenta un alto tasso di analfabetismo e di denutrizione infantile. La sua primaria fonte di sostentamento è la produzione ed il commercio di generi di prima necessità, per cui, grazie anche ad un attaccamento a principi solidi, stanno continuando a lottare uniti ed in prima linea. In seguito alle manifestazioni ed agli scontri violenti tra civili e Forze dell’Ordine sono stimati almeno 554 feriti e 929 detenuti, in accordo coi dati offerti da Freddy Carrión, leader della Difesa del Popolo dell’Ecuador.
Di seguito riportiamo una riflessione personale su quanto sta accadendo nella città costiera di Santo Domingo de los Colorados, nella quale stiamo svolgendo il nostro anno di Servizio Civile. “È già passata una settimana da quando è iniziato il famoso Paro, rivolta che sta interessando tutto l’Ecuador: Sierra, Costa e Selva. Ricordo ancora quando Noè, professore di scienze sociali, al progetto “Sonando por el Cambio” la scorsa settimana mi disse: “Vogliono aumentare i prezzi della benzina, vedrai che scoppierà una vera e propria rivolta” e così è stato; il giorno dopo hanno chiuso scuole, i taxisti hanno iniziato a scioperare, così come gli autisti di autobus e pullman. Con il passare dei giorni i negozi per paura di assalti e furti hanno iniziato ad abbassare le serrande e i supermercati hanno iniziato a svuotarsi.
Una sensazione stranissima, una Santo Domingo differente. Una Santo Domingo senza gente che urla e canta per le strade, senza rumore di clacson, con un silenzio che non avevo mai sentito in sette mesi che sono qui. Un silenzio brutto, che mi fa pensare: “c’è qualcosa che non va”; svegliarsi la mattina senza il suono della campanella del collegio sottostante alla mia stanza non è la stessa cosa. La cosa più brutta è stato il dover andare al supermercato per fare provviste e vedere la maggior
parte degli scaffali vuoti. È forse in quel momento che ho capito che la situazione stava diventando davvero complicata e in cui ho iniziato a chiedermi: “A cosa si arriverà? Finirà mai tutto questo? Beh, sinceramente spero di si, vorrei un ritorno alla normalità; non pensavo di doverlo mai dire ma vorrei tornare da tutte quelle piccole pesti che ora come ora, in una situazione come questa, saranno chiusi in casa, la maggior parte senza nulla da mangiare e che non vedranno l’ora di tornare al progetto”.
Caterina Lanzoni
Flavia Di Buduo
Francesca Marongiu
Ludovica Celletti