Di Michele Di Berardino.
Lo sviluppo della regione amazzonica è non solo il frutto di strategie governative ma anche della sinergia di un grande numero di attori che, più o meno congiuntamente, lavorano al conseguimento di obbiettivi comuni. ENGIM, CEFA, MAQUITA sono solo alcune delle organizzazioni che da anni cercano di proporre e appoggiare un processo di sviluppo equo e sostenibile, in cui la terra assume una dignità paritaria a quella dell’uomo e in cui, nel rispetto e in comunione con essa, si possa raggiungere una condizione di benessere e prosperità.
Sempre più giovani infatti hanno la possibilità di muoversi verso le città, perdendo il contatto con le proprie radici e dando vita ad un processo che contrappone emancipazione e tradizione e che pone tanto la cooperazione come le comunità di fronte al problema secolare della continuità. Cercare di agire su queste dinamiche non è chiaramente una cosa semplice. Nell’era del cambiamento climatico, delle grandi migrazioni e della ricerca della sovranità alimentare è necessario analizzare il modello di sviluppo che tutte le politiche ecuadoriane e internazionali hanno proposto fino ad oggi, e come queste abbiano influito sul cambiamento socio-culturale delle popolazioni indigene.
Per quanto riguarda ENGIM tale processo si realizza attraverso una serie di attività che coinvolgono alcune delle associazioni produttrici di caffè e cacao nella provincia del Napo (WAYLLA KURI, WINAK, KALLARY, JATARY, TSATSAYAKU) e che interessano sia la parte produttiva che quella di genere. Tali associazioni sono il risultato dell’unione comunitaria di diversi produttori che, attraverso la coltivazione della Chakra, implementano la commercializzazione dei loro prodotti con accordi partenariali nazionali e internazionali. Questa dinamica di implementazione commerciale si basa tuttavia su un aspetto fondamentale: la qualità del prodotto. Essendo infatti il suolo amazzonico non adatto alla coltivazione intensiva, e non essendo culturalmente accettato l’utilizzo di sostanze chimiche come mezzo di fertilizzazione, ciò che deve essere valorizzata è la qualità superiore del prodotto finale.
Se nella Sierra o nella costa è il monocultivo (monocoltura) a farla da padrona, in amazzonia l’unità fondamentale è la Chakra. La Chakra è un concetto e una realtà, necessita materiale e connessione spirituale con la madre terra. Si prende cura dei bisogni della famiglia e dà loro il sostentamento alimentare sufficiente. Nella Chakra coesistono numerose specie vegetali differenti; alcune spontanee, altre addomesticate dalla selva, altre ancora importate dall’uomo per necessità economiche. Ed è in quest’ultima componente che si riconosce l’impronta della cooperazione.
Con l’introduzione del modello integrato agroforestale il concetto di chakra è infatti progressivamente cambiato e si è andato avvicinando ad una visione più propriamente produttiva. Nel corso degli anni le politiche agricole ecuadoriane hanno puntato ad uno sviluppo imprenditoriale e associativo delle piccole comunità indigene, incoraggiando l’utilizzo di prodotti come il cacao e il caffè che possano avere una posizione più o meno competitiva all’interno del mercato internazionale. Tuttavia, se tale attitudine si è mostrata utile al miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie coinvolte, essa ha mostrato anche un forte limite culturale. Prodotti come il caffè e il cacao non sono infatti consumati dalle popolazioni indigene e le obbligano a riformulare un nuovo concetto di Chakra in cui il sostentamento familiare non deriva più solo dalla raccolta dei frutti della terra ma anche e soprattutto dalla loro vendita. In questo contesto nasce dunque l’esigenza di creare una nuova identità culturale che da una parte incoraggi l’integrazione concreta tra i retaggi ancestrali e le nuove fonti di sostentamento e dall’altra possa produrre un reale sviluppo sociale ed economico per le popolazioni del luogo.
Il mio lavoro si inserisce all’interno del contesto appena descritto. Da una parte c’è stato il prosieguo della scuola di campo in cui abbiamo lavorato per potenziare le tecniche agricole dei produttori. In questo caso la collaborazione con i tecnici INIAP si è strutturata attraverso due giorni di laboratorio teorico pratico in cui sono stati affrontati i principali problemi relativi al “manejo de cultivo” (potatura, semina, clonazione di piante ecc…) nei sistemi agroforestali. Dall’altra invece, si è proseguito sull’implementazione del software commerciale del CEFA per il miglioramento dell’apparato organizzativo nelle associazioni. Le due attività rientrano dunque all’interno dei “binari” di progetto puntando da una parte a migliorare la resa delle coltivazioni nella chakra e dall’altro a garantire la partecipazione democratica all’interno delle associazioni, rimarcando soprattutto l’importanza del ruolo della donna nella macchina associativa.
Rispetto al tema di creazione di una nuova cultura alimentare si è invece tenuto in questo mese il secondo corso di cataciòn (valutazione) del caffè per i giovani delle provincie di Orellana, Sucumbios e Napo. Il laboratorio, durato tre giorni, si è tenuto nella città del Coca con la collaborazione di un “catador” italiano. Ho reputato questa attività di grande importanza per lo sviluppo di una coscienza imprenditoriale all’interno dei giovani kichwa, immaginando un loro impegno sostanziale nella creazione di prodotti di qualità a partire dal sistema produttivo della propria associazione. Infine, a testimoniare lo spirito di collaborazione tra i vari attori presenti sul territorio, si è tenuta la settimana di agroecologia in cui i ragazzi dell’università IKIAM, studenti di agroecologia e biocommercio, hanno avuto l’occasione di entrare in contatto con le realtà associative dell’area amazzonica, venendo a conoscenza dei diversi modelli produttivi presenti sul territorio.