Quando mi chiedono cosa ho studiato all’università e io rispondo: “Erboristeria”, la reazione di risposta è quasi sempre di leggero stupore. Per tante persone l’erboristeria e lo studio delle piante medicinali sono una cosa “nuova”, che ora, siccome è anche un po’ “di moda”, si sta diffondendo anche in Italia.
Quando mi chiedono cosa ho studiato all’università e io rispondo: “Erboristeria”, la reazione di risposta è quasi sempre di leggero stupore. Per tante persone l’erboristeria e lo studio delle piante medicinali sono una cosa “nuova”, che ora, siccome è anche un po’ “di moda”, si sta diffondendo anche in Italia.
In realtà l’uso e lo studio delle piante medicinali sono vecchi quanto l’uomo e sono presenti in ogni luogo e in ogni cultura. È questo uno dei tanti aspetti che dimostra come l’uomo sia riuscito a vivere in armonia con la natura per millenni, ricavando da essa tutto il necessario per vivere, medicine comprese.
Tutto questo patrimonio di conoscenze, accumulato nei millenni, ora è sempre più a rischio a livello mondiale, minacciato dal cambio dello stile di vita e dalla modificazione degli ambienti naturali. Perciò la sua conservazione e la sua tutela rappresentano sempre di più un compito cruciale e molto importante per il futuro dell’umanità.
Di quanto sia importante il ruolo delle piante medicinali nella vita delle persone ci si rende conto vivendo in un posto come l’Amazzonia ecuadoriana, dove sto svolgendo il mio progetto CCP.
Qui la presenza della natura e della foresta giocano ancora un ruolo primario nella vita delle comunità indigene.
Appena arrivato in realtà ho avuto come l’impressione che tutte le mie conoscenze sulle piante medicinali qui mi sarebbero servite a poco perché avrei dovuto re-imparare quasi tutto. Era veramente un altro mondo, con piante che non avevo mai visto, chiamate con nomi strani.
Poi, mi sono avvicinato lentamente a questo “mondo misterioso”, guidato dalle persone che in questo mondo ci sono nate e vissute e che hanno dedicato la propria vita a curare le persone con la medicina naturale; vere e proprie “biblioteche viventi” di conoscenze non solo sulla medicina, ma che comprendono anche racconti e storie della selva tramandati di generazione in generazione, interpretazione dei sogni, riti e pratiche agricole, in una sola parola: saggezza. Uno dei lavori a cui mi sono dedicato in questi miei mesi di servizio è stato proprio quello del riconoscimento e classificazione delle piante medicinali utilizzate dalle comunità indigene. È stata questa una richiesta esplicita fattami da alcune comunità, questo perché tutta la loro conoscenza è puramente orale e volevano avere un qualcosa di scritto che potesse rimanere loro perché, come spesso accade, questo immenso patrimonio di conoscenza, con l’andare avanti degli anni è sempre più in pericolo.
Non è stato un lavoro facile, perché quasi sempre le piante sono conosciute solamente con il nome in lingua Kichwa, e da quello riuscire a identificare la pianta e risalire al nome scientifico è un lavoro lungo, in cui è necessario incrociare molte fonti, anche perché tante piante hanno differenze minime tra una specie e l’altra.
Allo stesso tempo è stato un lavoro molto affascinante, per esempio scoprendo che il loro sistema tradizionale per identificare le piante e riconoscerle è in realtà molto accurato, distinguendo tra varietà dove tante volte nemmeno i botanici sono riusciti a fare chiarezza. I più mi ha permesso di comprendere meglio anche una diversa concezione generale della medicina e della malattia, il tutto ovviamente legato a uno stile di vita molto più in armonia con gli elementi della natura.
Uno stile di vita che al giorno d’oggi si trova in una condizione di pericolo e che a mio avviso non viene valorizzato abbastanza. La costituzione ecuadoriana, per esempio, tutela, sulla carta, i diversi tipi di medicina ancestrale delle popolazioni indigene, ma poi, nei fatti, questa tutela non c’è. Per non parlare dello sfruttamento minerario e petrolifero che sempre di più minaccia gli ambienti naturali dove queste popolazioni hanno vissuto per millenni.
Per questa e altre ragioni mi sento molto legato a queste popolazioni, verso cui provo un sentimento di grande stima e rispetto, perché, affrontando molte difficoltà, hanno lottato (e lottano tuttora) per difendere la propria cultura e i propri diritti, semplicemente per poter continuare a vivere come da sempre hanno fatto: in armonia con la natura.