Di Annalisa Sisto. “Fare” per me e per Vanessa, Emiliano, Chiara, Bryan, Julio, Jose, Noè, Padre Cristian, Norma, Lucia, Lucita, Lilianita e per tutti i bambini che passeranno, e sono passati da qui, è stata l’alternativa più giusta. Ognuno a suo modo, ognuno con le sue risorse ed i suoi limiti. Per me il teatro è stata la risposta alle esigenze del momento e un incentivo potente di cambiamento. Il teatro anticamente veniva concepito come una reale pulizia interiore, una catarsi con un risvolto assolutamente sociale. Mettendosi in scena, l’uomo svela se stesso e, attraverso la storia, la fiaba, emerge la verità di stare al mondo e il modo di prendere delle scelte e portarle avanti.
Per questo l’idea di lavorare inizialmente non su un testo, ma su esercizi che aiutassero questi bambini a conoscere se stessi, a stare con gli altri, utilizzando come primo grande mezzo il corpo. E questi bimbi lo conoscono meglio di chiunque altro. E il passo per la consapevolezza di quanto sia stato cento volte più efficace l’arte come cura (non solo patologica) che mille parole in una stanza d’ufficio era dietro l’angolo. E facendo, con loro, forse è stata possibile una trasformazione.
Da qui gli ultimi sei mesi del mio progetto sono stati dedicati al “Principito” (Il Piccolo Principe), il famoso racconto di Antoine De Saint- Exupery, che per me è stato sempre molto più che una storia per bambini. Ma questo lo scopri dopo un po’ di tempo. Abbiamo lavorato con le mani, scrivendo il testo con i più grandi (da racconto a dialoghi teatrali), e costruendo strumenti di potere, oggetti magici, simboli materiali.
Ci siamo “sporcati” le mani con la colla, la carta, i colori, abbiamo maneggiato pennelli, impastato materiali morbidi, legato, allacciato, rotto, tagliato, ricostruito. E grazie a questo siamo stati insieme, dal secondo al decimo anno di educazione basica. Abbiamo usato il corpo e ci siamo scaricati, alleviati, arrabbiati. Abbiamo avuto paura e gioia. Abbiamo vissuto emozioni e anche la responsabilità, come quella di andare in scena e, con tutte le difficoltà possibili, questi bambini ce l’hanno fatta.
Si sono ascoltati, hanno rispettato i tempi previsti dal saggio e alcuni hanno anche chiamato qualche amico, parente, una persona cara. Una rivoluzione è stata solo sapere che quel giorno erano tutti lì e non c’erano assenti, che conoscevano il proprio compagno o compagna, che forse per un piccolo attimo si sono sentiti squadra, uno con l’altro e che questa volta il piccolo principe era più di uno. Questo non sarebbe stato possibile se non ci fossero stati tutti e per loro non finirò mai di ringraziare. Vanessa e Noè per le quinte, Emi le foto e il video, Chiara per non avermi odiato troppo nell’incastro con la magica presentazione di ginnastica.
E ringrazio il teatro di esistere e chi lo fa.