Di Marta Cobelli. La Sierra è un quartiere popolare della “Comuna 8” di Medellín. Visto da fuori somiglia a qualsiasi altro quartiere popolare della periferia di questa metropoli che si sviluppa sulle pendici delle montagne che circondano il centro: case di mattoni a vista con tetti in lamiera, “ranchitos” di legno che sembrano dover crollare da un momento all’altro, nessuna pianificazione urbana, strade strette dove, incredibilmente, possono passare due autobus allo stesso tempo, musica a tutto volume, spazzatura ai lati della strada. L’immagine non invoglia certo a visitare questa parte di città, lontana anni luce dalla “zona rosa” ordinata e pulita che è il Poblado, che attrae, invece, migliaia di turisti.
La Sierra quest’anno è stata la mia casa, e vivere in questa casa è stata un’esperienza unica, quasi un privilegio poter vivere la città dall’alto, lontano dal traffico e dall’aria irrespirabile della città. Le sue persone mi hanno accolto a braccia aperte, mi hanno raccontato la loro storia e la storia di altri, ho riso con loro e condiviso momenti indimenticabili. Ho ricevuto un’accoglienza e un affetto che potrei paragonare a quello che si sente in famiglia. Ho giocato e imparato con i bambini e l’immagine più bella che mi porterò a casa sarà proprio quella dei bambini che giocano sulle scale a palla (o una palla improvvisata con una bottiglia di plastica) e le bambine che giocano a fare le mamme o a cucinare.
Qui si fa tutto sulle scale. Le scale nella Sierra sono come la piazza principale: si gioca, si parla, ci si incontra e ci si scontra, si litiga e si mangia davanti alle persone che passano. Le porte rimango sempre aperte e si chiudono solo la sera quando il giorno finisce e si va a dormire. All’inizio queste dinamiche mi sembravano incomprensibili ma dopo quasi un anno ho capito che quello che rende la Sierra unica sono le persone, la loro gioia, le loro chiacchere, la loro voglia di vivere. Il documentario della Sierra inizia proprio con una frase sulle persone che la abitano: le persone sono la parte buona, la parte migliore.
Molti non conosco La Sierra, né sanno dove sta ubicata. Molti la conoscono, invece, per un documentario uscito esattamente dieci anni fa, che ha reso tristemente famoso questo quartiere di Medellín. Il documentario, girato dal produttore statunitense Scott Dalton, avrebbe dovuto raccontare la guerra e la violenza di questo quartiere, ma il risultato è stato lasciare alla Sierra uno stigma tutt’ora difficile da togliere e dimenticare, che anche io ho vissuto in prima persona ogni volta che ho chiesto ad un taxista di portarmi a casa alla Sierra. La risposta negativa è spesso accompagnata dalle più svariate scuse: non conosco la Sierra, è una zona pericolosa, i taxi non possono salire fino a là …
Chi conosce il passato di violenza della Sierra non conosce, però, la sua rinascita, la volontà e la forza dei suoi abitanti di costruire un nuovo futuro di pace e speranza. Molte famiglie hanno subito delle perdite, molti hanno vissuto la violenza e ne portano ancora i segni. Ma sono anche molte le barriere invisibili che sono state abbattute e che hanno portato un po’ di pace e tranquillità in questa parte di città.
Vivere questo periodo di rinascita, con tutte le sfide e i problemi che comporta, è stato un privilegio per me. Sono arrivata in un momento di grandi cambiamenti e mi ci sono trovata dentro non solo come spettatrice, ma anche come parte attiva. In un certo senso anche noi volontarie in Servizio Civile siamo state un segno del cambiamento, una novità all’interno della Sierra. Con le nostre attività all’interno della scuola e della parrocchia abbiamo anche noi aperto un altro cantiere, come uno dei tanti cantieri aperti nella Sierra per costruire la nuova scuola, una nuova strada, un nuovo parco per la comunità e anche nel nostro caso i lavori sono ancora in corso.