Di Maria Dolores Di Palma, Medellín (Colombia) - Tra qualche giorno compirò gli anni e scrivere questa testimonianza in questo momento mi fa riflettere su tutte le decisioni prese nel corso del tempo, che mi hanno reso la persona che sono adesso. Tra tutte, la decisione di partire in Servizio Civile per Medellín è stata forse una delle più complicate, in quanto ha significato scontrarsi coi miei legami più importanti. Non è facile decidere di partire quando le persone a cui più tieni cercano di convincerti che non stai prendendo la strada migliore. Non è facile, soprattutto quando l’immagine che queste persone hanno di Medellín è pervasa da stupri, droga e omicidi. E quindi questo si è rivelato essere un asso ancora più importante di quanto già fosse; la ragione, precisamente, è il peso che provoca la mancanza di sostegno. Sostegno: un concetto che risuona così bene in me, che ne ho fatto esperienza. Un concetto quasi scontato, che forse, sto capendo, così scontato non è.
La Colombia è stata per decenni teatro di un violento conflitto armato, che negli ultimi tempi ha visto una riduzione significativa. Purtroppo però, gli strascichi di questa guerra sono ancora palpabili. In primis, sono evidenti nella misura in cui l’immaginario collettivo vede questo Paese come una terra pervasa dalla violenza; ma si fanno sentire in modo ancora più tangibile sulla pelle delle persone che di questa guerra hanno subito direttamente gli effetti. La Sierra è uno di quei quartieri conosciuti come invasiones qui nella zona. Sono precisamente insediamenti formatisi in maniera disorganizzata durante gli anni del conflitto, a causa dell’aumento improvviso della popolazione all’interno della città. In queste aree lo Stato è quasi assente e prevale la povertà.
Qui i bambini appaiono spesso lasciati a loro stessi, liberi di arrampicarsi sugli alberi e fare voli di due metri; li vedi giocare aggrappandosi ai camion in corsa; se corrono, cadono e si fanno male, no pasa nada. Ma di loro, in realtà, ammiro questo: sembrano non temere nulla. Allo stesso tempo, si emozionano se gli regali un quaderno. I loro occhi brillano quando ti vedono passare per strada; corrono ad abbracciarti e a chiederti: “profe! Dove vas?”. Poi se ti fermi ti tengono lì ore, a parlarti di todo lo qué les pasa. Quei sorrisi mi insegnano così tanto, ogni giorno. Mi insegnano che una semplice conversazione ti può cambiare la giornata; che la bellezza è nei dettagli più semplici; che apprezzare quello che hai può farti sentire tanto felice. Mi insegnano anche quanto la volontà e l’impegno siano potenti nel trasformare un posto dimenticato in un luogo di speranza.
Sono trascorsi solo tre mesi, e credo che finora sia proprio questa la lezione più importante che sto imparando da questo folle quartiere Ma poi che dire dei paesaggi di questa città? Come ve li spiego? Quando prendi il metrocable di sera per scendere verso la movida di Medellín, sembra di volare su un mare di stelle. È tutto immenso e luminoso. Ogni cosa racconta una storia, e anche se questa storia non la conosci, ti conquista comunque. Parchi, colori, suoni (tanti suoni!), fanno sì che tu non possa far altro che amañarte. Non posso negare che ci sono stati momenti in cui la paura ha preso il sopravvento.
È stata un’emozione strana e potente che mi ha accompagnato per settimane. Medellín è una città difficile e questa sensazione è evidente anche solo percorrendone le strade. Non trasmette sicurezza in ogni zona, e in molti contribuiscono ad alimentare la sua “brutta fama”. In altre occasioni mi sono sentita stupida, e ho pensato che forse tutte quelle persone che non avevo voluto ascoltare avessero ragione. Ma poi ho avuto la chance di conoscerla meglio. E ho trovato una comunità di persone che si sostengono a vicenda e che si uniscono per creare un ambiente positivo. Ho incontrato sconosciuti che mi hanno offerto un aiuto disinteressato e mi sono resa conto che la paura può essere superata quando hai persone accanto che ti sostengono.
Mi sono trovata di fronte a situazioni che mi hanno spinta a superare limiti che io da sola mi ero imposta. Ho dovuto affrontare conflitti e ho imparato ad adattarmi a diverse circostanze. Ho capito che la paura può essere un motore per il cambiamento. Sto capendo, qui, che la paura e la mancanza di sostegno possono essere superate se si ha la determinazione e il coraggio di cercare una strada diversa. Non importa quanti anni hai o cosa gli altri pensino delle tue scelte, ciò che conta è la volontà di andare avanti.