E’ rientrata nei giorni scorsi la missione dell’ENGIM nei territori della comunità Moxos del Tipnis, nell’Amazzonia Boliviana. Scopo del viaggio quello di approfondire la ricerca sui cosiddetti “Musicos empiricos”, indigeni che hanno conservato, nei secoli, la cultura musicale lasciata loro dagli antenati e dai missionari gesuiti.
L’ENGIM ha avviato nel 2013 un progetto di ricerca antropologico culturale nel Tipnis, in collaborazione con la “Escuela de Musica di San Ignacio de Moxos” e con il contributo della DGSP del Ministero Affari Esteri italiano. Il progetto, riproposto nel 2014 e approvato dal MAE, si propone di individuare i musicos empiricos ancora dispersi nella foresta del Tipnis, e di avere notizie storiche dirette su quella utopia legata alla ricerca della “Loma Santa”, la collina santa, una sorta di terra promessa dove il male e la malattia non esistono, dove il suolo è fertile e il bestiame abbondante.“I Moxos sono i custodi del patrimonio culturale acquisito al tempo delle “reducciones” gesuitiche del XVII secolo – spiega Giuseppe Mazzini, responsabile del progetto in questione -. Un patrimonio costituito non solo da miti, canti, suoni, riti precolombiani tramandati attraverso le generazioni, ma anche da musica barocca europea importata dai gesuiti stessi”.
“Gli indigeni, abituati ai rumori della foresta e alla loro musica eseguita con strumenti a fiato e a percussione, rimasero incantati nell’ascoltare il suono, fino allora sconosciuto, di flauti, violini, viole, chitarre, arpe, campane, che fecero loro conoscere i missionari gesuiti – prosegue nel racconto Mazzini -. E i gesuiti, da parte loro, compresero che la reciproca accettazione delle proprie culture musicali rappresentava un mezzo straordinario per raggiungere lo scopo primario della loro missione: l’evangelizzazione. Era la religiosità il denominatore che accomunava due musiche così differenti fra loro. I Moxos, dotati di una naturale predisposizione per la musica, impararono presto l’arte del violino e del flauto traverso, coinvolti emotivamente dai suoni melodiosi di questi strumenti. Da questa condivisione dell’amore per la musica, nacque il “meticciato” musicale: i violini suonavano in concerto con i tradizionali “bajones” (sorta di tromboni costruiti con foglie di palma); il canto nativo - “cristianizzato” - accompagnava le funzioni religiose in chiesa; le danze e i riti precolombiani facevano parte delle festività di santi e patroni”.
Con l’espulsione dei gesuiti dalla Bolivia (1767), gli indigeni Moxos rimasero senza protezione. Per fuggire dai coloni spagnoli - che volevano renderli schiavi e usarli come manodopera nella produzione del caucciù -, si rifugiarono nelle foreste, soprattutto nel territorio oggi denominato TIPNIS (Territorio Indigeno del Parco Isiboro Secure). Nacque qui il mito della “Busqueda della Loma Santa”, della ricerca della collina santa.Questi indios in fuga portarono con sé la loro musica, tenendo a memoria tutta la loro abilità interpretativa perché spesso non sapevano leggere gli spartiti. Divennero così “musicos empiricos”, conservarono come un tesoro quello che era stato lasciato loro dagli antenati e dai gesuiti. Impararono a costruire violini utilizzando il legno nobile della foresta, a far copie manuali di quei fogli pentagrammati che li vincolavano alla loro fede e che si deterioravano col tempo a causa del clima.
Questo il patrimonio che l’ENGIM intende difendere e valorizzare. L’ONG dei Giuseppini presenterà, infatti, al Ministero degli Affari Esteri un progetto di sviluppo socio economico di un’area rurale dell’Amazzonia boliviana, e una proposta per la promozione di eventi in Bolivia correlati alla musica del barocco italiano.Nell’autunno del 2015 è, inoltre, prevista una tournée del giovane gruppo musicale della “Escuela de Musica di San Ignacio de Moxos” (nata per il recupero e la valorizzazione del patrimonio musicale Moxos e diretta da una giovane musicista boliviana, Raquel Maldonado). Lo scopo quello di far conoscere al mondo, attraverso la musica, la storia del popolo moxeño, la rivendicazione della propria cultura e identità, affinché la memoria non affondi nell’oblio.
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"Escuela de Musica di San Ignacio de Moxos”