Di Miariam D’Amato. Dall’inizio del progetto sono passati ormai sei mesi intensi, di soddisfazioni e di sconforto, di allegria e di tristezza. Sono arrivati nuovi bambini, se ne sono andati altri, sono emersi nuovi problemi per i quali sono state trovate soluzioni. In certi casi, invece, di soluzioni non è stato possibile trovarne.
I bambini sono travolgenti, ti riempiono di gioia per la loro ingenuità, e inevitabilmente ti affezioni. Gli anziani sono irresistibili con le loro tradizioni e la pelle bruciata dal sole. Inevitabile volergli bene. Ugualmente con tutti gli adulti del centro, testimoni di storie severe e residenti di abitazioni fatiscenti. Inevitabile riservare anche per loro un angolo del cuore.
C’è chi piange una casa distrutta, chi una figlia annegata, chi un nipote investito. Spesso è facile incontrare donne vittime di violenze domestiche. Qualcuno lamenta il disinteresse dei figli nonostante la dura vecchiaia. Chi, al contrario, la non curanza dei genitori. Non per commuovere i cuori dei lettori, ma di fronte a questi avvenimenti una domanda in questi mesi mi è sorta spontanea: dov’è Dio in questo angolo di mondo così diverso dal nostro? Ciò che segue è una riflessione di natura cristiana.Esiste la legge del libero arbitrio. Dio ha dato a tutti la libertà di decidere cosa fare nella propria vita, se abbracciare il bene oppure il male. Nel privato come nel pubblico. Molte sofferenze sono il frutto di decisioni senza Dio. Nel caso della povertà, questa spesso dipende da decisioni adottate dai governanti i quali, senza lasciarsi ispirare dalla Parola di Dio, contribuiscono ad alimentarla senza preoccuparsi che saranno altri a soffrirne. Non di certo perché Dio la vuole.
Ciò su cui rifletto difatti non è la presenza della povertà in sé, bensì la morale cristiana di fronte a situazioni così complesse. Penso ad esempio al tema della sessualità e dell’apertura alla vita delle coppie. Da un punto di vista cristiano un valore importante è quello della castità. Come la si può proporre, mi chiedo, in un contesto in cui di base non c’è il rispetto per sé stessi e si concede il proprio corpo con estrema facilità? E nel quale gli abusi sessuali contribuiscono in generale ad alterare il rapporto con il proprio corpo e con la propria sessualità?Se i ragazzi iniziano ad avere rapporti in tenera età come si può evitare di parlare loro di tematiche quali prevenzione di gravidanze e malattie veneree? Se il cristiano è chiamato ad essere aperto alla vita, ossia ad accogliere i figli che Dio manda attraverso il rapporto sessuale senza precauzioni, mi chiedo come sia possibile parlare di questo valore quando la gente non ha i mezzi sufficienti per il proprio singolo sostentamento.
La domanda che mi sono sempre posta da quando sono giunta qui e che ha anche motivato in parte il mio viaggio è la seguente: da dove passa la provvidenza di Dio? Da dove passa se il male minore è la fame? Considerando in aggiunta problemi ben più gravi, quali violenze sui bambini e sulle donne, il maschilismo, l’alcoolismo, la delinquenza? In tali contesti, qual è il messaggio cristiano che deve essere trasmesso? Soprattutto: valori cristiani che dovrebbero essere universali sono veramente tali o sono più adatti ad un contesto anziché un altro?
Personalmente una risposta non mi è facile trovarla, certo so che molte convinzioni le ho messe in discussione e per ottenere quello che cerco mi sarà necessario continuare a cercare.