Frequento l'Ecuador da molti anni, una quindicina, ma non posso dire di conoscerlo veramente a fondo! Nonostante la mia presenza annuale sia stata per molti anni abbastanza consistente, circa quattro mesi l'anno, le caratteristiche del mio lavoro mi portavano a non poter effettuare grandi movimenti e quindi le mie conoscenze del territorio sono sempre state piuttosto limitate e legate al “buon cuore” dei missionari che nei momenti di libertà mi hanno accompagnato a visitare alcuni dei luoghi più suggestivi della zona.
La mia presenza era sempre stata in Amazzonia, nella provincia del Napo presso l' Ospedale della Missione, ad Archidona, ove svolgevo la mia attività di cardiologo. Questo anno però inaspettatamente, grazie all'invito di P. Sereno Cozza, i miei orizzonti si sono improvvisamente allargati e mi è stata concessa la possibilità di scendere ad operare sul territorio. Mi è stato concesso di conoscere e frequentare le persone delle “favelas“ di Santo Domingo de los Tsàchilas, o per dirla in spagnolo, “de los Colorados.
Altra realtà questa rispetto a quella Amazzonica ove la popolazione era costituita in parte da indigeni, alcuni ancora viventi in comunità all'interno delle sterminate foreste, e da discendenti di coloni spagnoli. Qui, a Santo Domingo, sino a qualche decennio fa non esisteva ancora nulla, non esistevano strade di comunicazione con la vicina Quito (poco più di un centinaio di chilometri) o con altri centri dell' Ecuador. Esistevano le sparute ed orgogliose popolazioni indigene degli Tsàchilas che sino ad oggi hanno sempre cercato, e cercano, di difendere le loro tradizioni ed i loro costumi dalle sopraffazioni dei nuovi arrivati. Gente quest'ultima originaria di varie parti del paese, ma soprattutto della vicina Colombia.Ed in queste favelas per circa un mese ho svolto il mio lavoro di cardiologo: presso il Subcentro Medico Statale di una favela nell'estrema periferia della città, non lontana dalla sede del Centro di Sonando por el Cambio, presso un centro Medico creato da un gruppo di Francescani nel “barrio” di S. Rita, ma soprattutto presso il centro creato dal nulla, e con grandi sacrifici sia fisici che morali, da P. Sereno Cozza. Un centro, quello di P. Sereno, che per le condizioni ambientali e le varie difficoltà non è esagerato definire ciclopico. Capisco che il termine “ciclopico” può suonare esagerato ma se rapportato alle condizioni di vita locali ed alle difficoltà incontrate non lo è certamente!
Dal nulla e sul nulla sono state create o sono in via di realizzazione aule scolastiche, uffici, campi da gioco, cucina, refettorio, palestre; tutto grazie alla dedizione di questo sacerdote che giorno dopo giorno si dibatte tra mille difficoltà. Ora l'opera, nata circa un anno e mezzo fa, sta sempre più prendendo forma e già da ora è frequentato da circa 150 tra bambini e giovani che grazie alla sua esistenza incominciano ad essere sottratti ai pericoli della strada, della droga e soprattutto degli adulti che li circondano! Bambini e bambine che grazie allo sport ed alla scuola si allontanano da pericoli che ancora non sono in grado di distinguere e valutare. Adolescenti “difficili”, bambine già madri a 14 anni e mi fermo qui lasciando alla vostra immaginazione comprendere quale possa essere il valore di questa opera.Il mio lavoro? Che peso può avere quantificarlo se confrontato a quanto sopra descritto! Un modesto lavoro di controllo e di consigli, dati a chi probabilmente non potrà realizzarli se non incontrerà nuove persone all'altezza di P. Sereno che vorranno aiutarli a fare un altro passo avanti. Non tutto è oro ciò che riluce. L'importante è saperlo! Ho scritto questa mia breve nota soprattutto per ringraziare P. Sereno per la opportunità che mi ha dato e tutte quelle persone che hanno condiviso e collaborato con me in questo breve periodo a S. Domingo: missionari, sacerdoti, giovani e validissimi medici locali, infermiere ed infermieri e “facenti funzione” di infermiere ed infermieri, volontari italiani e non, dipendenti del centro e ... tutti! Grazie a tutti loro ho potuto serenamente superare le inevitabili difficoltà in un luogo non ancora completamente attrezzato per poter svolgere una capillare attività medica di tipo specialistico e rendermi utile (spero) ad una popolazione altamente indigente, che attualmente non può permettersi questo tipo di prestazioni. Perchè no, un ancora arrivederci a tutti voi?
Gianfranco Melotti
P.S. Una piccola, ma non secondaria riflessione, come morale: in questo periodo le mie conoscenze del territorio ecuatoriano si sono arricchite (turisticamente parlando) di poco sicuramente, ma altrettanto sicuramente e positivamente si sono arricchite le mie conoscenze di persone che colà operano quasi esclusivamente per il bene del prossimo. E direi che al giorno d'oggi non è poco! Ancora un saluto a tutti !