Mara, volontaria a Fundeporte, seduta sul suo letto tra mille carte, computer sulle ginocchia, mentre prepara il lavoro per l’indomani. La interrompo e irrompo tra le sue mille carte, col mio computer sulle ginocchia per intervistarla per il sito di ENGIM. Anche noi, come i ragazzini con cui passiamo le giornate, dobbiamo da fare i compiti per casa. Quindi eccoci qui, iniziamo, da volontaria a volontaria, da coinquilina a coinquilina, da leone a gemelli, da Mara a Bianca. Come dattilografa faccio ammenda per tutti i passaggi che le mie dita non sono state abbastanza veloci da cogliere, e anche per quelli che invece sono riuscita a riportare fedelmente.
Bene, iniziamo da una domanda semplice. Qual è la cosa che più ti piace?
Cioè (scoppia a ridere)
Puoi scegliere l’ambito che vuoi, il lavoro o la tua esperienza di servizio civile in generale.
(ci pensa…) Il fatto è che per la prima volta nella mia vita posso dedicarmi totalmente a fare quello che amo, dall’allenare i ragazzi, lo sport la mattina, al fare quello per cui ho studiato, durante l’affiancamento alla psicologa del centro, mettere in pratica ciò che so ed allo stesso tempo metterlo in discussione costantemente.Cosa metti in discussione e come?
Come lo spiego in cinque righe?
Anche quattro vanno bene
Parto dal come. Cerco di ascoltare e di osservare il più possibile. Cerco di pormi sempre più domande. Ciò che metto in discussione è un pò tutto: da come sono io, a come è l’Ecuador e questa “ajena” cultura, cioè straniera.
Qual è la cosa che meno ti piace?
Che sono lontana da casa
E nel tuo lavoro?
Il cibo.
Di che colore è in questo momento la tua esperienza di servizio civile e perché?
Azzurro, il perché, però, non lo so. Vabbè ne invento uno … azzurro perché è un colore che mi da l’idea di leggerezza e d’infinito.
Come ti descriveresti in questo momento, in relazione alla tua esperienza nei suoi vari aspetti ? Cinque aggettivi
Entusiasta, grata, riempita/piena (non sono incinta), aperta, curiosa. Posso metterne un sesto? Vecchia, ho la sciatica!
Una cosa che ti ha dato un particolare spunto di riflessione:
Cerco di capirli, però sono proprio arrabbiata. Quello che non riesco a comprendere in realtà è come non si possa amare incondizionatamente il proprio figlio, come si possa picchiarlo, insultarlo, ritirarlo da scuola per metterlo a vendere spiedini per strada o cacciarlo di casa perché accusato di aver rubato un cellulare. Non capisco come si possa essere indifferenti davanti ad una figlia che si “corta”, che si da via. Mi arrabbio ancora di più con me stessa perché non posso capire fino in fondo cosa provano, non riuscirei mai a togliermi la vita e “temo” che non arriverò a provare questo senso di desolazione profondo. Riuscirò lo stesso a stargli vicino?
Intervistata: Mara Bonapersona, volontaria a Fundeporte, Quito.
Intervistatrice: Bianca Villari, volontaria al Ceipar, Quito.