La prima Casa di Accoglienza per donne vittime di violenza della Provincia del Napo sarà inaugurata nei prossimi mesi, grazie alla collaborazione tra la fondazione franco-ecuadoriana Patou Solidarité, la Viceprefettura del Napo e il Sumak Kawsay Wasi, patronato della Provincia.
L’umidità è elevata, molto di più rispetto a Tena. Scendiamo dalla macchina dopo qualche ora di viaggio, il calore dell’Amazzonia si presenta d’impeto appena apriamo le portiere. Ad accoglierci è Zita, una signora di mezza età, molto gentile e disponibile, coordinatrice della Federazione delle Donne di Sucumbios “Casa di Accoglienza Amica”. Ci fa accomodare in una sorta di ufficio con comodi divanetti, offrendoci del buon caffè amazzonico, il tono di voce è pacato e rassicurante.
La Federazione delle Donne è stata creata nel 1987 nella città di Nueva Loja, meglio conosciuta come Lago Agrio. Per raccontarci la storia della violenza di genere nella provincia, e la storia della federazione, Zita decide di partire dal principio dalla memoria dei primi e delle prime fondatrici della regione, giunti a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, in concomitanza con le prime esplorazioni petrolifere. Il loro racconto, raccolto nel libro “La storia di Sucumbios dalla voce delle donne”, è stato quasi completamente dimenticato, a favore della controparte maschile che si è presa i meriti e i demeriti della fondazione di una città a dir poco problematica.
La violenza di genere in Ecuador è un problema che colpisce il 60% della popolazione femminile nazionale. Le stime, raccolte dall’Istituto Nazionale di Statistiche e Censo, rilevano che nella Provincia del Napo la media raggiunge il 65,3%, ottava provincia più violenta del Paese; nella maggior parte le violenze si consumano in ambito domestico. Sono molti gli ecuadoriani che si rendono conto della gravità della situazione e in molti riconoscono la violenza di genere come uno dei conflitti principali da dover affrontare e risolvere per poter considerare l’Ecuador un paese sicuro a tutti gli effetti. In molti casi, il problema viene giustificato come questione “culturale”, considerando il “machismo” come qualcosa che da sempre debba far parte della cultura ecuadoriana e sudamericana. Purtroppo, o per fortuna, il machismo non è culturale, il machismo è discriminazione deliberata sulla base del genere, per questa ragione nessuna giustificazione potrà essere accettata.
Nell’ambito del progetto Corpi Civili di Pace, che sto svolgendo nella città di Tena, parte del mio lavoro consiste nel sostenere la realizzazione della prima Casa di Accoglienza della Provincia del Napo. Il progetto, portato avanti dalla fondazione franco-ecuadoriana Patou Solidarité, in collaborazione con la Prefettura e il Sumak Kawsay Wasi, patronato della provincia, prevede la realizzazione di una casa di accoglienza destinata a donne vittime di violenze, in modo da poter offrire loro protezione, sicurezza e sostegno psicologico e medico. La casa di accoglienza farà parte della Rete Nazionale Ecuadoriana delle Case di Accoglienza, formata dalle strutture di Lago Agrio, Coca, Cuenca e Guayaquil.
Le visite alle Case di Lago Agrio e Coca hanno avuto l’obiettivo di farci comprendere il funzionamento e l’organizzazione interna del lavoro svolto dalle volontarie, operatrici socio-sanitarie e dalle coordinatrici. Le esperienze delle province di Orellana e Sucumbios hanno messo in evidenza come l’Amazzonia sia un contesto problematico per quanto riguarda la violenza di genere, a causa di condizioni socio-economiche svantaggiate. La composizione demografica delle tre province amazzoniche di Napo, Orellana e Sucumbios, in cui la popolazione indigena rappresenta quasi metà della popolazione complessiva, contribuisce a complicare il quadro in analisi. Come emerge dalle testimonianze di Zita, coordinatrice della Federazione delle Donne di Sucumbios, e Ines, coordinatrice della Fondazione Ayllu Huarmicuna “Mujeres y Familia” di Coca, la maggior parte delle donne ospitate proviene da comunità indigene confinanti con i centri abitati.
Al loro arrivo nelle Case, le donne ricevono una prima assistenza e la valutazione del rischio e, successivamente, vengono supportate dal punto di vista psicologico, fisico e sanitario. Ad accompagnarle in questo processo ci sono volontarie, operatrici socio-sanitarie ed assistenti legali. Dopo vengono inserite all’interno di incontri di auto-aiuto e attività di “empowerment” che possano contribuire al loro completo recupero psico-fisico. In molti casi le donne arrivano alle strutture accompagnate dai loro figli, in molti casi vittime anche loro di abusi diretti o indiretti. Esiste perciò all’interno di entrambe le case un’area completamente destinata ai bambini, con l’obiettivo di permettere il proseguimento dell’attività scolastica e un’assistenza psicologica specifica.
La realizzazione della prima Casa di Accoglienza della Provincia del Napo si inserisce, perciò, in un processo nazionale di lotta all’eradicazione della violenza di genere. Un processo iniziato negli anni Ottanta e che oggi prosegue, grazie anche all’approvazione lo scorso novembre 2017 della Legge Organica Integrale per la Prevenzione ed Eradicazione della Violenza di Genere contro le Donne. Nonostante la strada da fare sia ancora lunga, nonostante le statistiche preoccupanti, la determinazione e la volontà di migliorare la condizione di vita delle donne della Provincia non si arresterà, in modo che tutte saremo finalmente in grado di affermare di essere libere e non coraggiose.