Di Federico Patacconi. Una sola cosa non può mancare nella valigia di un italiano: la moka. Non importa se sul biglietto ci sia scritto Ecuador, Bolivia, Kenya, Perù, Messico o Albania. Non importa se si viaggi verso la patria del caffè o se si attraversi solo quella striscia di mare chiamata Adriatico.
Da cinque giorni, sperduti nel Viterbese, 55 ragazzi e le loro macchinette del caffè vivono insieme, si confrontano e crescono pronti a partire per l’esperienza più importante della loro vita: il Servizio Civile Nazionale all’estero. FOCSIV, la più grande federazione italiana di ONG, li ha riuniti per una settimana di formazione intensiva prima di raggiungere gli angoli di mondo che saranno la loro casa per un anno.
“Vitorchiano è solo uno dei poli formativi della FOCSIV in Italia – dichiara Federico Filipponi, di ENGIM Internazionale e responsabile della formazione del polo laziale – più di 600 ragazzi e ragazze si stanno preparando a partire e iniziare la loro esperienza di servizio nel migliore dei modi e all’insegna dell’intercultura, pronti a rappresentare il nostro Paese nel mondo”.
I giovani, compresi tra i 19 e i 28 anni, si dirigeranno la prossima settimana in sei Paesi differenti tra Sud America, Africa e Balcani, per lavorare in oltre dieci progetti. Il loro servizio durerà 365 giorni, ma il loro obiettivo sarà solo uno: “Contribuire allo sviluppo e all’autodeterminazione delle comunità con cui lavoreranno e vivranno nel anno che li aspetta”, conclude Filipponi.
La formazione iniziale del Servizio Civile impegna i ragazzi per più di otto ore al giorno, ma la stanchezza sembra non essere di casa a Vitorchiano. “Stiamo ricevendo tantissimi stimoli e imparando tanto – racconta uno dei volontari in partenza per l’Albania – nulla è lasciato al caso: dalla storia dell’obiezione di coscienza ai valori dei caschi bianchi. Ci sono spazi dedicati alla riflessione e al confronto, ma la cosa che più mi ha colpito sono state le testimonianze dei ragazzi e delle ragazze che sono appena tornati dal loro servizio. Spero di poter fare anche solo un decimo di quello che hanno fatto loro”.
In tasca biglietti aerei, passaporti e la voglia di mettersi in gioco, ai piedi scarpe comode e sulle spalle uno zaino vuoto, che il vero bagaglio si riempie strada facendo. Moka a parte.