Sarà presentato oggi in concorso al Festival del Cinema di Roma “Biagio”, l’ultimo lavoro di Pasquale Scimeca, il regista che, con “Convitto Falcone” aveva “sposato” il sogno ecuadoriano dell’ENGIM e dei Giuseppini del Murialdo.
I proventi del film girato nel XX° anniversario della strage di Capaci sono stati, infatti, destinati a sostenere “Soñando por el cambio”, il progetto che l’ENGIM internazionale sta realizzando a Santo Domingo de los Tsáchilas (Ecuador) in favore delle bambine e dei bambini di strada.
Con “Biagio”, l’autore di “Placido Rizzotto”,de “La passione di Giosuè l'ebreo”, di “Rosso Malpelo” e di tanti altri film e documentari di taglio sociale, rimane su quel filone presentando la vera storia di Biagio Conte, chiamato da tutti a Palermo “Fra Biagio”, un uomo che ha deciso di dedicare la sua vita ad assistere vecchi e nuovi poveri nella sua città.
Prodotto da Arbash e interpretato da Marcello Mazzarella nel ruolo di Fra Biagio, insieme a Vincenzo Albanese, Renato Lenzi, Antonio Ciurca e Omar Noto, il film è in concorso nella sezione principale: “Cinema d'oggi”, insieme a “La foresta di Ghiaccio”, di Claudio Noce e “I milionari” di Alessandro Piva.Ragazzo come tanti, a cui non manca nulla, con tanto di moto, fidanzata, soldi in tasca e una concreta prospettiva di un lavoro nell’azienda di famiglia, Biagio si spoglia di tutto, e intraprende il percorso che lo porterà, a piedi, con un cane raccolto per strada, fino ad Assisi. Il pellegrinaggio, però, si conclude al punto di partenza, a Palermo. È tra i barboni della Stazione Centrale che Biagio Conte trova la sua Africa. All’inizio in un vagone ferroviario, poi in alcuni locali comunali abbandonati a due passi dalla stazione. Chiunque trova accoglienza da lui, senza distinzione di razza, di religione, di lingua.
“Non volevo fare un film agiografico, né un documentario - ha spiegato Scimeca in una intervista – ma solo dimostrare che un’altra vita è possibile. La sua fede è una scelta di libertà assoluta, l’opposto della costrizione, libertà dai beni materiali, una scelta che dà gioia. Così si abbandona al volere di Dio, e si mette alla prova”.
A distanza di alcuni anni, la «Missione di speranza e carità» conta tre centri: il nucleo originario di via Archirafi, che ospita circa 130 uomini; un ex convento del centro storico, riservato alle mamme con bambini e alle donne in difficoltà, che accoglie 120 ospiti; e la «Cittadella del Povero e della Speranza», un centro di accoglienza realizzato in una ex caserma dell'aeronatica dove vivono circa 700 persone. La prova “provata” che un’altra vita è veramente possibile.