Lasciandomi alle spalle i grattacieli di Londra sentivo quell’indescrivibile sensazione tipica di quando si sta per intraprendere un viaggio importante.
Atterrato nel cuore della notte all’aeroporto Internazionale di Freetown-Lungi, mi sono subito sentito avvolgere dall’aria calda temperata e dalla luce velata della luna crescente. Sierra Leone, Gennaio 2020.
Una missione di volontariato con ENGIM Internazionale che mi ha portato dalle comunità più remote della giungla africana, ai vicoli affollati di Freetown. Un viaggio attraverso panorami mozzafiato, culture autoctone, percorsi di cooperazione internazionale e sviluppo sostenibile.
La Sierra Leone è l’8° paese più povero al mondo e in molte aree l’insicurezza energetica, idrica ed alimentare sono tra i problemi maggiori della popolazione. Il paese porta con sé le cicatrici di un passato segnato da guerra civile, sfruttamento minerario e un’epidemia di ebola, ma in giro si respira la voglia di rialzarsi e la gente è piena di energie ed idee. Lo si percepisce camminando sulle strade di Lunsar, incontrando tutte quelle persone indaffarate nelle piccole cose di ogni giorno. Trovare la legna, accendere il fuoco, andare al pozzo a prendere l’acqua con un grosso secchio portato rigorosamente sulla testa. Andare a scuola, a lavoro, al mercato. Tornare dai campi e studiare legge, elettrotecnica, o magari agraria o scienze, mentre sul fuoco si prepara il riso alle arachidi e la cassava. Ho imparato molto da questi nove giorni trascorsi in Africa per visitare i progetti che la Congregazione dei Giuseppini e l’ENGIM portano avanti a Lunsar, Kissy e in numerosi villaggi rurali e sono rimasto entusiasmato dall’impatto di questi progetti sulle comunità. Percorsi di sviluppo che partono dalle necessità reali del territorio e delle persone come agricoltura sostenibile, educazione, formazione professionale, costruzione di pozzi, case famiglia per minori e progetti di adozione a distanza.
Dopo poche ore di sonno ero già operativo e praticamente non stavo nella pelle per iniziare la prima giornata. L’aria era fresca ed il centro del Murialdo iniziava a prendere vita con le prime luci dell’alba. Essendo arrivato di notte non avevo notato che tutto attorno a noi si estendevano le risaie, i palmeti e la giungla. Il primo progetto visitato è stato la scuola del Murialdo gestita dal carismatico Padre Manasseh, che mi ha accolto mostrandomi la struttura e illustrandomi la situazione educativa del distretto di Lunsar, la quale richiederebbe maggiori investimenti per far fronte all’aumento progressivo della popolazione in età scolastica. La scuola del Murialdo è attualmente frequentata da oltre 1100 studenti tra i 6 e i 25 anni ed insieme ai suoi laboratori di formazione professionale gestiti da Padre John, rappresenta un esempio di eccellenza formativa a livello nazionale.
La mattina spesso mi svegliavo con il canto lontano del muezzin e assistevo allo spettacolo di quel pallido sole rosso e dorato, che sorgeva afoso all’orizzonte tra gli alberi, la foschia e il suono della foresta mischiato a quello proveniente dalla moschea. Le passeggiate solitarie pre-colazione tra le palme accanto alla missione sono tra i ricordi che custodisco più gelosamente. Il secondo giorno ho avuto il piacere di affiancare Gerald, direttore dell’ENGIM Sierra Leone nelle visite ai villaggi rurali di Rochain e Mendesora, dove l’ONG lavora da anni. A Rochain abbiamo incontrato il capo villaggio ed i membri anziani e subito dopo sono state effettuate le misurazioni preliminari alla costruzione di un pozzo vicino al villaggio, dove successivamente si intende realizzare una scuola elementare. A Mendesora si è svolta una sessione di monitoraggio sul progetto di sistemi di intensificazione della produzione di riso attuato dall’ENGIM, il quale risulta essere di successo nonostante le difficoltà intrinseche del passaggio da un metodo agricolo tradizionale ad uno organico ad alto impatto produttivo. Durante il mio soggiorno nell’area di Lunsar, ho inoltre visitato numerose comunità rurali limitrofe con padre Mario Zarantonello, padre Gianni Zanni e padre Pierangelo Valerio per monitorare i progetti della Congregazione. Esperienze di vita arricchite dalle mille storie raccontate a bordo di una jeep da persone che sono rimaste in Sierra Leone durante (e nonostante) la guerra e l’epidemia di ebola, periodi oscuri attraversati da questo stupefacente paese. Grazie alla condivisione di queste esperienze decennali ho imparato che lavorare con le società tribali può essere difficile e non-lineare, che è vero che il sorriso è un linguaggio universale e che la gratitudine e il rispetto non conoscono né lingua né colore della pelle.
Dopo qualche giorno sono partito per Kissy, periferia di Freetown, dove il paesaggio prende forme urbane e le problematiche sociali assumono sfumature più tipiche dei contesti metropolitani. Sono stato calorosamente accolto dai Padri Augusthine Lebbie, Maurizio, Patrick e dai novizi, Paul e Sam. Il nostro incontro è stato intenso e produttivo, abbiamo discusso delle idee progettuali che la Congregazione intende intraprendere nei distretti di Kono e Matru Jong e delle tante altre importanti iniziative che potrebbero dare un nuovo volto alla realtà più deprivate della Sierra Leone. Ho inoltre visitato le case famiglia della Congregazione che un tempo ospitavano i giovani con mutilazioni risalenti al conflitto e che oggi accolgono i bambini ed adolescenti più poveri del territorio. Il mio soggiorno a Kissy si è concluso con un giro notturno in macchina per le strade di Freetown e con un gelato italiano consumato in un bar sulla spiaggia. Sì, perché Freetown è una città dai grandi contrasti, si passa da estese baraccopoli a quartieri residenziali, per poi arrivare ai grandi resort sulla spiaggia nei quali si intravede qualche turista europeo e si trova il gelato. Cambiamenti bruschi che dimostrano l’enorme sperequazione socioeconomica presente nella capitale sierralionese e che, ad essere sincero, mi hanno lasciato parecchio spiazzato.
Tornato a Lunsar, ho affiancato l’ENGIM Sierra Leone in varie attività progettuali. Ibrahim, J.P., Sylvie, Beatriz e Gerald Aruna, uno staff pieno di entusiasmo, idee brillanti e spirito d’iniziativa. In particolare, ho assistito ad un incontro tra i partner del nuovo progetto di agricoltura sostenibile implementato in tre distretti Sierraleonesi: Port Loko, Moyamba e Falaba. Il progetto mira a creare una filiera della cipolla sostenibile e competitiva, con il duplice scopo di sostenere la sicurezza alimentare e creare occupazione tra le fasce più povere della popolazione. I’ iniziativa finanziata dall’Unione Europea dà priorità alle donne e ai giovani proprio per soddisfare il bisogno di includere i membri più vulnerabili dei villaggi rurali in un percorso progettuale sostenibile che valorizzi le risorse locali e rafforzi lo spirito di comunità, elemento centrale per la creazione di un tessuto sociale più inclusivo. L’ENGIM Sierra Leone si occupa inoltre di supportare la progettazione delle iniziative della Congregazione su scala nazionale.
Una problematica molto sentita nel territorio è quella sanitaria. I presidi ospedalieri sono pochi e spesso mancano i farmaci e le apparecchiature mediche, o la corrente elettrica per azionarle. Per far fronte alla mortalità materna e infantile rurale l’associazione Rainbow For Africa, partner di ENGIM, ha intrapreso un progetto riguardante le ecografie. Verso la fine del mio viaggio ho trascorso una giornata nella comunità di Gbinti con Lorenzo, dottore milanese che va in giro per i villaggi a visitare le donne in stato di gravidanza con uno scanner per le ecografie portatile.
Sono rimasto piacevolmente colpito nel vedere come l’ENGIM e i suoi partner sono coinvolti in attività aventi un approccio così vasto e comprensivo nel combattere le emergenze sociali nelle aree più disagiate di questo paese.
Il giorno prima di partire sono stato invitato ospite di Padre Bruno a Makeni il quale, durante la visita in una struttura della Congregazione un tempo occupata dai ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito, ha condiviso la sua esperienza, che insieme a tutte le altre, ha reso unico il mio soggiorno in terra Africana.
Il mio viaggio è stato breve ma intenso, non è stato facile relazionarsi con disinvoltura un ambiente così nuovo e diverso. Eppure fin da subito mi sono sentito a mio agio e ho apprezzato intensamente ogni aspetto di questa esperienza. Ho speso ogni minuto con consapevolezza, tentando di mantenere la mente aperta e priva di una chiave di lettura occidentale che avrebbe distorto la percezione della realtà circostante con preconcetti e certezze che in Africa diventano quantomeno relativi.
Il mio viaggio in Sierra Leone si è concluso ma per me è l’inizio di qualcosa di più grande.