Di Verena Michaeler e David Mosna. Dopo aver vissuto circa quattro mesi a Siongiroi, un piccolo villaggio di capanne in Kenya, grazie alla nostra organizzazione abbiamo potuto scoprire un'altra parte di questo bellissimo Paese. L'occasione è stata la missione di monitoraggio del direttore e della nostra responsabile paese in Italia. Durante il viaggio ci siamo resi conto di quanto ci eravamo già affezionati al nostro villaggio, anche se effettivamente i disagi (per non chiamarla povertà) non mancano. Non è il tipo di povertà che si trova nel cuore di una persona, che banalmente si può definire infelicità, ma semplicemente quella causata dalla mancanza di beni primari come acqua, cibo, vestiti. Anche a fronte di tutti questi problemi, Siongiroi ha una ricchezza di valore inestimabile: il sorriso che non si spegne mai sui volti dei bambini.
La nostra avventura con Paolo e Adriana ci ha portato, tra l'altro, in una baraccopoli di Nairobi chiamata “Deep Sea” situata nella parte più ricca della capitale. Passeggiando tra una mega villa e un parco con maestose piante abbiamo iniziato a percepire un odore forte, per non dire acre, e girando l’angolo ci siamo ritrovati all’interno di questa piccola città invisibile. Nello slum migliaia di persone vivono in spazi angusti, separate soltanto da lamiere corrose dalla ruggine. A causa della forte pendenza, i rifiuti si infiltrano nelle baracche fino a raggiungere la parte finale dello Slum dove si è creata una discarica a cielo aperto con un odore insopportabile. A causa della pericolosità del posto, siamo stati accompagnati da Ettore, un simpaticissimo frate francescano che opera al suo interno da diversi anni. All’interno della città fantasma Ettore, il Mzungu è amato da tutte le persone, in quanto è uno dei pochi che riesce a dare una speranza, anche sotto forma di un lavoro temporaneo o di piccoli doni ai più giovani.
Analogamente al villaggio, anche lo slum era affollato da bambini, che, grazie ai loro sorrisi, ci fanno sperare che un futuro migliore per queste persone sia possibile. Dopo una passeggiata attraverso i vicoli abbiamo incontrato una ragazza molto giovane che vive nella sua piccola abitazione con due bambini. Ci ha raccontato che fa parte di un gruppo di donne che hanno subito degli abusi e che adesso di tanto in tanto si ritrovano e organizzano degli eventi per cercare di autosostenersi. L'esperienza è stata sicuramente molto toccante è siamo sicuri che rimarrà a lungo nei nostri cuori.
Ci piacerebbe ringraziare Ettore (potete trovarlo su Facebook con il nome Ettore Marangi, dove troverete anche molte testimonianze dello Slum) per il duro lavoro che sta facendo all’interno della Baraccopoli.