Di Chiara Balbo. Partire per il Servizio Civile è stata una sfida. È stato ritagliare un anno anomalo da un percorso di vita normale, comune, per vivere l’ignoto e stare con me stessa. Ho deciso di scommettere sapendo già che avrei vinto, sapendo che ne sarebbe valsa la pena perché in ogni caso avrei imparato qualcosa di nuovo. Non nascondo che, con l’ingenuità di chi intraprende un’avventura tanto particolare e forte per la prima volta, ho sottovalutato alcuni aspetti. È stato più faticoso di quanto immaginassi. Ray Bradbury rappresenta bene come ho vissuto questa esperienza, forse tra le più strane della mia vita: “Rischiare significa saltare da uno strapiombo e costruirsi le ali mentre si precipita”.
Prima di partire, mi sono preparata leggendo, guardando video e provando ad immaginare la mia avventura. Il mio sforzo si è rivelato un misero tentativo. In questi mesi, ho fatto esperienza dell’impossibilità di pianificare o controllare esattamente la vita (per fortuna aggiungerei). Basti pensare che poco più di un anno fa, non avrei saputo individuare con sicurezza la Bolivia sul mappamondo. E invece ora eccomi qui, tra Ande e tropico boliviani. Ho vissuto lo spaesamento di venire catapultata in un mondo sconosciuto e dover vivere ripartendo da zero, cercando di individuare nuovi riferimenti e di capire quale fosse il mio posto qui. È stato come tornare bambina, scoprendo il mondo procedendo per tentativi ed errori preziosi. Mi sono stupita per cose considerate banali da chi ha sempre vissuto in questa parte del mondo.
Con questo articolo, desidero raccontare la cosa forse più strana capitatami con il Servizio Civile, ovvero l’aver riscoperto la filosofia. Durante la settimana di formazione prevista prima della partenza, siamo stati invitati a riflettere sulla potenza del saper cambiare punto di vista mettendo in discussione ciò che riteniamo normale. Il trucco sta nel togliere i punti fermi dal fondo delle frasi e sostituirli con punti interrogativi trasformando le certezze in domande. Incontrare il diverso è stato un confermare e convincermi ulteriormente quanto sia importante curare e valorizzare la diversità, in tutti i suoi aspetti. Che si tratti di natura, cultura, della nostra personalità, o della felicità, dobbiamo renderci conto di quanta ricchezza buttiamo via quando rinunciamo all’autenticità e alla molteplicità in favore della normalità e dell’appiattimento. Quante possibilità perdiamo considerando solamente una strada, considerando il modello occidentale come unica possibilità di sviluppo e benessere.
Nel libro “Lezioni di meraviglia. Viaggi tra filosofia e immaginazione”, Maura Gancitano e Andrea Colamedici scrivono:
“La filosofia è una navigazione, e navigare implica sempre la disposizione ad abbandonare la terraferma, tutto ciò che vuol dire casa, sicurezza e abitudine. Il momento in cui comincia la filosofia è quando ti sarai allontanato abbastanza da voltarti indietro e vedere solo mare. Intorno solo l’ignoto, pronto a provocare esperienze di incredibile meraviglia”.
Penso che mettersi in discussione non sia facile né comodo, però è fondamentale farlo per non addormentarsi. Diventando adulti riduciamo tutto all’ovvio per paura di sembrare stupidi. Abbiamo bisogno, invece, di ricordare quanto sia bello, stupirsi (stessa radice di stupido), cambiare idea, scoprire cose nuove. La sfida ora è essere capace di continuare questo percorso esercitandomi all’atteggiamento filosofico. In questo modo non mi addormenterò più, saprò trovare continui stimoli, saprò divertirmi, saprò vivere la mia vocazione.
Mi emoziona pensare che il ritorno a casa sarà un continuo meravigliarsi di ciò che l’abitudine aveva reso scontato. Chissà quanto durerà questo incantesimo. Non vedo l’ora di scoprire come la strada che ho percorso in questi mesi abbia cambiato il mio modo di vedere le cose e soprattutto di vivere la relazione con gli altri. Perché, per me, tutto questo lavoro su sé stessi ha senso solo se va verso l’altro, verso la società, verso il noi.
Chiara Balbo, Casco Bianco in Bolivia con ENGIM