Giuseppe Mazzini è un collaboratore dell’ENGIM ONG e il responsabile per la stessa organizzazione dell’area medio orientale. A lui, profondo conoscitore della zona, abbiamo chiesto di raccontarci qual è oggi la situazione in Siria e Libano.
Giuseppe, come è nata la collaborazione con le Suore di Santa Giovanna Antida?
Nel 2007, nel corso di una missione per l’emergenza in Libano dopo la conclusione del conflitto israelo-libanese, ebbi occasione di incontrare Suor Mona Corbani che dirigeva la scuola delle Suore della Carità di Baskinta. Occorreva ripristinare le strutture educative libanesi che avevano subito danni dalla guerra. Le suore sono animate da un grande desiderio di servire, ma hanno pochi mezzi e non sono in condizioni di risolvere i problemi sociali che affliggono il loro Paese. Le scuole di Beirut, Baabdath, Baskinta subiscono la pressione di famiglie povere libanesi e di profughi siriani, irakeni, palestinesi, in maggioranza musulmani, che chiedono per i loro figli un posto tra i banchi di scuola. I centri sanitari di Roum e Kefraya sono invasi da una moltitudine di sfollati, specialmente donne, vecchi e bambini, che chiedono farmaci e assistenza medica. Il Libano è sempre stato accogliente, ma è anche l’unico paese al mondo che deve subire sulla propria terra la guerra degli altri.
Ma com’è, attualmente, la situazione dei profughi in Libano?
L’ONU registra 2500 rifugiati al giorno. Solo i Siriani sono almeno 2 milioni e mezzo. I Palestinesi hanno superato i 700 mila, poi ci sono irakeni ed egiziani. Così, la popolazione in Libano in pochi anni è praticamente raddoppiata. È come se in Italia arrivassero 30 milioni di profughi a cui provvedere per i loro bisogni essenziali.
E in Siria?
Anche qui la situazione è molto critica. A Damasco la scuola delle suore è stata bombardata e saccheggiata e loro sono state costrette a trasferirsi in una zona più sicura, a Bab Charky, dove il Patriarca greco-melkita ha offerto i locali affinché potessero continuare le attività didattiche e l’assistenza alla popolazione, che è aumentata enormemente a causa di nuovi sfollati provenienti dalle zone di guerra del Nord del Paese. Oggi, oltre a garantire la scolarità ad oltre 1200 bambini siriani, le suore distribuiscono, grazie anche ai progetti ENGIM, beni di prima necessità a più di 700 famiglie indigenti della città e del vicino villaggio di Hauran. Per tutti noi sono un esempio di coraggio e di come si possa praticare quello straordinario messaggio evangelico dell’amore verso il prossimo.
Quali possono essere gli sviluppi di questi progetti ENGIM in Libano e Siria?
L’ENGIM sta rafforzando la sua presenza in Libano e sta sostenendo progetti in Siria. Oggi curiamo l’emergenza, ma dobbiamo prepararci per dare un contributo alla ripresa sociale ed economica del Libano. Ci sarà da fare, in primo luogo, per favorire il rientro dei profughi siriani nel loro Paese. I partner di entrambi i Paesi ci sono. Guai a rinunciare e a perdere l’ottimismo.