A quattro anni dall’inizio della guerra civile in Siria, oltre nove milioni di persone hanno dovuto abbandonare le loro case, due milioni e mezzo hanno cercato rifugio nei Paesi limitrofi - in Libano, ma anche in Giordania, Turchia, Egitto, Iraq -; mentre sei milioni e mezzo di persone vivono da sfollate all’interno del loro stesso Paese. Più di metà della popolazione sfollata è composta da bambini, i quali hanno bisogno di cibo, riparo, medicine e supporto psicologico. Molti di loro sono stati testimoni di fatti gravissimi e continuano ad essere vittime della violenza.
Questo il contesto che ha spinto l’ENGIM ONG ad intervenire in un Paese nel quale non aveva mai operato, e a realizzare una serie di progetti con le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret. Il primo “Damasco: ripristino delle normali attività socio educative dopo la distruzione della scuola cattolica El Riaya” è un intervento finanziato dalla CEI che impegnerà l’ONG dei Giuseppini del Murialdo per i prossimi tre anni.
L’obiettivo generale è di contribuire alla convivenza civile e alla pace in Siria, ma nel particolare di rafforzare i servizi educativi e sociali delle “Suore della Carità”, adeguandoli alle esigenze della situazione di crisi attuale. Alla scuola saranno fornite le attrezzature e gli strumenti pedagogici per migliorare la qualità dell’insegnamento (personal computer, rete internet, video proiettori, materiali didattici e di cancellerie, attrezzature sportive); mentre a 500 famiglie indigenti di Damasco saranno offerti i mezzi di sostentamento per assicurare la scolarità dei figli e la permanenza nel Paese. Sussidi scolastici saranno, poi, concessi ad altre centinaia di bambini appartenenti a famiglie povere e a rischio di abbandono scolastico.
La scuola oggetto dell’iniziativa è stata, in realtà, distrutta dai bombardamenti e costretta a trasferirsi nel quartiere più centrale di “Bab Charky”, in uno spazio messo a disposizione dal Patriarcato greco-melkita di Damasco, mentre le suore hanno trovato accoglienza a “Jeramana”, nella periferia della capitale siriana. Fra i bisogni più urgenti, oltre al ripristino del normale funzionamento della scuola, c’è il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione siriana, in particolare quella cristiana, la più duramente colpita dal conflitto in corso, aiutandola a scongiurare l’esodo dal Paese.
A questo scopo è diretto anche il secondo intervento in Siria, quello di “Emergenza a favore della popolazione dei quartieri più poveri di Damasco e del villaggio di Hauran”. In un Paese allo sbando, dove Il 60% degli ospedali e il 38% dei servizi medici primari sono stati danneggiati o distrutti, dove le sanzioni economiche hanno l’importazione di farmaci e dove le stesse organizzazioni umanitarie hanno dovuto limitare la loro operatività, l’ENGIM e le Suore della Carità – questa volta grazie ad un contributo della Caritas - garantiranno sostegno psicologico, morale e spirituale agli sfollati; la corretta alimentazione dei bambini; l’approvvigionamento di coperte, indumenti e gasolio da riscaldamento.
“A tante persone che pensavano di trovare rifugio nei Paesi limitrofi, specialmente in Libano, legato da rapporti storici e culturali alla Siria, si è, invece, aperto un nuovo dramma – spiega Giuseppe Mazzini, responsabile dei progetti ENGIM per l’area medio orientale -, la vita nei campi profughi. Il Paese non concede nessun genere di aiuto, gli profughi sono malvisti dalla popolazione e mancano di tutto, dal cibo ai medicinali”.
Per questo l’intervento pensato per la Siria si è poi esteso anche al Libano, dove le Suore della Carità hanno due scuole nella zona di montagna a nord di Beirut – a Baabdath e a Baskinta – e due centri sanitari nella Valle della Beqaa e ad est di Sidone – a Kefraya e a Roum -. Oltre a rafforzare questi servizi socio-sanitari, con la fornitura di kit di medicinali, alimenti e materiali per l’infanzia, borse di studio, l’intervento, in questo caso, mira anche a favorire la convivenza fra società libanese e profughi siriani, irakeni, palestinesi ed egiziani.
MAZZINI: "IL LIBANO E' L'UNICO PAESE AL MONDO CHE SUBISCE
SULLA PROPRIA TERRA LA GUERRA DEGLI ALTRI"
Giuseppe Mazzini è un collaboratore dell’ENGIM ONG e il responsabile per la stessa organizzazione dell’area medio orientale. A lui, profondo conoscitore della zona, abbiamo chiesto di raccontarci qual è oggi la situazione in Siria e Libano.
Giuseppe, come è nata la collaborazione con le Suore di Santa Giovanna Antida?
Nel 2007, nel corso di una missione per l’emergenza in Libano dopo la conclusione del conflitto israelo-libanese, ebbi occasione di incontrare Suor Mona Corbani che dirigeva la scuola delle Suore della Carità di Baskinta. Occorreva ripristinare le strutture educative libanesi che avevano subito danni dalla guerra. Le suore sono animate da un grande desiderio di servire, ma hanno pochi mezzi e non sono in condizioni di risolvere i problemi sociali che affliggono il loro Paese. Le scuole di Beirut, Baabdath, Baskinta subiscono la pressione di famiglie povere libanesi e di profughi siriani, irakeni, palestinesi, in maggioranza musulmani, che chiedono per i loro figli un posto tra i banchi di scuola. I centri sanitari di Roum e Kefraya sono invasi da una moltitudine di sfollati, specialmente donne, vecchi e bambini, che chiedono farmaci e assistenza medica. Il Libano è sempre stato accogliente, ma è anche l’unico paese al mondo che deve subire sulla propria terra la guerra degli altri.
Ma com’è, attualmente, la situazione dei profughi in Libano?
L’ONU registra 2500 rifugiati al giorno. Solo i Siriani sono almeno 2 milioni e mezzo. I Palestinesi hanno superato i 700 mila, poi ci sono irakeni ed egiziani. Così, la popolazione in Libano in pochi anni è praticamente raddoppiata. È come se in Italia arrivassero 30 milioni di profughi a cui provvedere per i loro bisogni essenziali.
E in Siria?
Anche qui la situazione è molto critica. A Damasco la scuola delle suore è stata bombardata e saccheggiata e loro sono state costrette a trasferirsi in una zona più sicura, a Bab Charky, dove il Patriarca greco-melkita ha offerto i locali affinché potessero continuare le attività didattiche e l’assistenza alla popolazione, che è aumentata enormemente a causa di nuovi sfollati provenienti dalle zone di guerra del Nord del Paese. Oggi, oltre a garantire la scolarità ad oltre 1200 bambini siriani, le suore distribuiscono, grazie anche ai progetti ENGIM, beni di prima necessità a più di 700 famiglie indigenti della città e del vicino villaggio di Hauran. Per tutti noi sono un esempio di coraggio e di come si possa praticare quello straordinario messaggio evangelico dell’amore verso il prossimo.
Quali possono essere gli sviluppi di questi progetti ENGIM in Libano e Siria?
L’ENGIM sta rafforzando la sua presenza in Libano e sta sostenendo progetti in Siria. Oggi curiamo l’emergenza, ma dobbiamo prepararci per dare un contributo alla ripresa sociale ed economica del Libano. Ci sarà da fare, in primo luogo, per favorire il rientro dei profughi siriani nel loro Paese. I partner di entrambi i Paesi ci sono. Guai a rinunciare e a perdere l’ottimismo.